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tes denken, wie insbesondere Del Vecchio (1). Diese Auffassung entspricht am meisten dem psychologischen Inhalte des Begriffes Gefühl. Das Gefühl kann nach Wundt auf drei verschiedenen Dimensionen beruhen, nämlich der Lust oder Unlust, Spannung und Lösung, Erregung und Beruhigung.

Soweit unter Rechtsgefühl das, was Rechtens ist (2), verstanden wird, handelt es sich um eine nicht richtige Ausdrucksweise. Hier ist etwas ganz anderes gegeben, nämlich ein Urteil über das Recht und dessen Geltung, das als ein abgekürztes Urteil zu bezeichnen ist. Im Anschluss an Fichte und Bergson möchte ich hierfür den Ausdruck Rechtsintuition vorschlagen. Je grösser der Rechtsstoff wird, desto schwerer fällt es dem Richter, Advokaten oder Rechtslehrer aus der einschlägigen Gesetzgebung und Literatur ein begründetes Urteil zu finden. Die verschiedenen dem einzelnen Falle zugrunde liegenden Regeln der Rechtswissenschaft und der Gesetzgebung sind noch unter der Schwelle des Bewusstseins. Aber durch eine blitzartige Erleuchtung findet der Rechtsanwender was Rechtens ist.

Diese Art von Rechtsfindung hat mit dem Begriff «< Rechtsgefühl nichts zu tun. Es können selbstverständlich Gefühlsmomente der Spannung und Entspannung, Lust und Unlust nebenher gehen, aber es ist nicht wesentlich.

Bei dem ungeahnten Auswachsen der Gesetzesmasse wird die Rechtsintuition immer wichtiger, denn sie ermöglicht es, verhältnismässig rasch ein abgekürztes Urteil über die bestehenden Rechtsnormen zu finden.

Aber auch auf einem weiteren Gebiete, nämlich der Schaffung von neuem Rechte, wird die Rechtsintuition immer wichtiger. Es sei hierfür folgendes Beispiel angeführt: Im Jahre 1923 ist nach der Ruhrbesetzung die deutsche Mark von Tag zu Tag immer tiefer in den Abgrund gerollt. Das ethische Bewusstsein der grossen Mehrheit des deutschen Volkes war schon lange von der bitteren Ungerechtigkeit des immer noch aufrecht erhaltenen Grundsatzes Mark-Mark überzeugt. Aber die Gerichte wagten es nicht, gegen das immer noch aufrecht erhaltene Gesetz

(1) Del Vecchio, Del sentimento giuridico (1908) S. 14: «Il sentimento del giusto è un dato primario e normale della coscienza etica ».

(2) Dazu neuestens: Riezler, Rechtsgefühl (1921) S. 7 ff.

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zu entscheiden, welches generell bestimmte, dass die Mark der Vorkriegszeit gleich der Papiermark sein sollte. So kam es, dass mit Goldmark gegebene Darlehen, ja sogar hypothekarisch gesicherte Schulden aus der Zeit vor dem Weltkrieg mit ganz lächerlichen Papiermarkbeträgen zurückgezahlt werden konnten. Die Gerichte hielten am formellen Rechte übermässig lange fest. Erst im Herbst 1923 wagte das Oberlandesgericht Darmstadt für eine Aufwertung der vor der Währungskatastrophe ausgegebenen Hypotheken sich auszusprechen. Es war das aber ein Urteil, das bewusst gegen das bestehende Währungsrecht sich richtete, indem im Anschluss an das sittliche Empfinden der grossen Masse des Volkes das bestehende Recht vom Gerichte selbst als sittenwidrig bezeichnet wurde. Andere Oberlandesgerichte schreckten davor zurück, ein ähnliches Urteil zu fällen. So hat der Präsident eines bekannten deutschen Oberlandesgerichtes den psychologisch interessanten Ausspruch getan, dass sein Rechtsgefühl sich schon Mitte 1923 gegen den Rechtssatz Mark-Mark gerichtet habe, dass er aber aus Pflichttreue gegenüber dem Gesetze es nicht gewagt habe gegen dasselbe zu entscheiden.

Es zeigt dieser Fall, dass bei schlechten Gesetzen das sittliche Gefühl der grossen Mehrheit des Volkes den Richter zwingt ihm zu folgen. Darf der Richter in diesem Falle gegen das Gesetz entscheiden? Der Richter ist nicht Gesetzgeber. Der Grundsatz von der «séparation des pouvoirs » gilt auch heute. Widerspricht aber ein Gesetz den Gesetzen der Sittlichkeit und Gerechtigkeit, so muss der Richter dasselbe im Sinne dieser höheren, über allen Gesetzen stehenden Normen abändern. Dies ist der Sinn der richtig verstandenen Freirechtslehre, die ja auch in Frankreich seit den berühmten « Jugements du Président Magnaud », Edition Leyret, allmählich Boden gefasst hat. Der Richter darf aber im Kampfe zwischen einem schlechten geschriebenen Rechte und den Forderungen der Gerechtigkeit (1) nicht frei entscheiden. Dies würde zu dem gefährlichsten Subjektivismus führen. Der Richter hat vielmehr zu untersuchen, ob nicht schon eine Zwangsordnung des Handelns bei der grossen Masse des Volkes sich gebildet hat, welche das schlechte oder unsittliche Gesetz ignoriert.

(1) Ueber den Kampf zwischen Legalität und Gerechtigkeit: Del Vecchio, La Giustizia 1924, S. 72 ff. u. S. 71 A. Zitat aus Thomas von Aquin, welcher die justae leges » dem V Congresso Filosofico.

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injustae » gegenüberstellt.

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Zusammenfassend, seien folgende Hauptaufgaben der Rechtspsychologie hervorgehoben:

Wo es gilt das bestehende Recht und die Psyche der Rechtsunterworfenen zu erkennen, da wird die Rechtspsychologie dem Richter die grössten Dienste leisten können. Aber auch die Lückenausfüllung des Gesetzes und die Neubildung desselben wird auf Grund der objektiven Masstäbe der Rechtspsychologie, insbesondere der Rechtstypologie, nur gewinnen können.

KARL HAFF
Universität Hamburg

Su l'oggetto del rapporto giuridico.

1. Se dal principio gnoseologico del diritto discende che il concetto giuridico fondamentale è quello di rapporto giuridico - come io mi sono ripetutamente sforzato di dimostrare (1)—è logico che una teoria del diritto cerchi di determinare i momenti e gli elementi di questo come altrettante note di esso concetto di rapporto giuridico. Ed è pure logico che le distinzioni tecniche del diritto cerchino di prendere per loro punto di partenza non l'una o l'altra delle note di tale concetto, ma esso medesimo considerato nella sua totale connotazione.

Questa breve comunicazione preventiva, tale cioè che non vuole se non segnare qualche linea di uno studio più compiuto su l'argomento, si propone di apportare qualche modesto contributo alla prima

ricerca.

Ma-anzitutto è possibile di racchiudere in una sola nozione codesto elemento, l'oggetto, così della pretesa come della prestazione, cioè di entrambi questi momenti logici di ogni rapporto giuridico? Tale è precisamente il problema da esaminare. E non se ne deve, pertanto, pregiudicare la soluzione.

(1) Ved. i miei lavori : Contributi ad una teoria filosofica dell'ordine giuridico; Genova, Formiggini, 1914; P. III, Cap. IV, e passim-Filosofia del diritto e tecnicismo giuridico; Bologna, Zanichelli, 1920; Cap. III, pp. 33 e ss.-. -Saggi di teoria del diritto; Boogna, Zanichelli, 1924; 1, pp. 25-29, 41; II, pp. 67-68; III, passim.

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Per evitare equivoci è necessario, intanto, fissare alcune di

Sovente si confondono le nozioni di oggetto, contenuto, scopo del

diritto.

Vedremo fra breve come, per noi, oggetto del diritto non sia propriamente la cosa; ma, anche ammesso che la cosa possa dirsi oggetto materiale di alcuni diritti, certo è che questo deve distinguersi dal contenuto del diritto, che consiste in facoltà di godimento o di disposizione della cosa. Tanto vero che, secondo l'ovvia osservazione di Nicola Coviello, più diritti possono avere << unico oggetto, diverso contenuto » : diritti di proprietà, di usufrutto, d'ipoteca, di servitù ecc. (1).

Un'altra confusione da evitarsi è quella fra scopo ed oggetto, fra scopo e contenuto del diritto. Scopo del diritto in senso oggettivo è un' utilitas sociale, quel fine di ordine pubblico che è garantito dall'ordinamento giuridico. Scopo del diritto in senso soggettivo non può essere che il sodisfacimento di un'utilitas individuale, cioè un interesse. La facoltà o le facoltà, che costituiscono il contenuto del diritto soggettivo, sono, bensì, garantite al soggetto in vista di quegli scopi, vuoi sociali vuoi individuali, ma il carattere di potenzialità ch'è ínsito nelle facoltà stesse fa sì che queste possano anche essere, a dir così, inattive, od in istato di quiescenza, senza che venga meno per questo il diritto soggettivo e, quindi, senza che ne soffra il suo contenuto. La nozione dello scopo, cui possa tendere il soggetto del diritto nell'esercizio dello stesso, può essere, bensì, importante per la determinazione di altri momenti, p. es. per quello della tutela giuridica (la quale può essere, eventualmente, denegata, quando il soggetto persegua uno scopo di utilitas individuale disforme da quella utilitas sociale cui mira il diritto oggettivo: è il caso del c. d. « abuso del diritto »). Ma il fatto che il diritto soggettivo, innegabilmente, sussista anche quando il titolare non faccia uso delle sue facoltà per raggiungere scopi consentiti dal diritto oggettivo, e perfino quando sia ignaro del proprio diritto, basta a dimostrare l'indipendenza del contenuto dallo scopo del diritto soggettivo.

3. -- Oggetto del diritto-insegnano dommatici e filosofi-è ciò su cui cade il potere giuridico.

(1) V. N. Coviello: Manuale di diritto civile italiano, Parte generale, N. 72; II ed., Milano, Soc. ed. libr., 1915; pp. 247-248.

Rinuncio al facilissimo sfoggio di dottrina. Mi limito a ricordare col Regelsberger l'equivocità dell'espressione «< oggetto del diritto (1), anche se l'espressione stessa debba intendersi come oggetto del diritto soggettivo e non, anche, delle norme giuridiche.

Se è stato, e può dirsi tuttora, vivo il dibattito intorno alla questione se oggetto del diritto possa essere la propria persona, sembra, invece, pacifica l'ammissibilità delle altre due categorie di oggetti del diritto le altre persone, e le cose, per quanto si disputi fra i giuristi intorno all'elasticità di quest'ultima categoria.

lo propenderei per negare, in blocco, tutte tre le categorie, e per sostituirvi un unico concetto, che mi pare tecnicamente più preciso, di oggetto del diritto, anzi, come si vedrà, di oggetto del rapporto giuridico.

Nego recisamente una categoria di diritti su la propria persona, e non già per le conseguenze pratiche alle quali si potrebbe andare incontro con l'ammetterla, conseguenze dalle quali nessuna ragione sentimentale mi potrebbe far rifuggire se una ragione logica m'imponesse di accettare la premessa, ma proprio per il motivo logico, che, secondo la mia modesta opinione, vieta di confondere il soggetto della pretesa, e cioè la persona, con l'oggetto della pretesa stessa, che sarebbe la medesima persona. L'uomo, organismo fisio-psichico, è un'unità; il suo corpo, come osservava perfino un idealista della forza del Fichte (2), è, a dir così, il punto d'incrocio fra l'io puro e l'io empirico; il rispetto che il soggetto può pretendere dagli altri rientra negli attributi della sua personalità, e se, fra questi, c'è l'uso ch'egli possa fare a suo talento del proprio corpo, eventualmente fino all'annientamento dello stesso, ciò non implica che esso corpo sia oggetto di un suo diritto, o, tanto meno, di un rapporto giuridico, che non può intercorrere se non fra il soggetto ed altri soggetti, bensì ciò importa come conseguenza che l'uso del suo corpo è, non oggetto, ma contenuto di quei diritti di personalità, che comprendono come dicono gl'insigni annotatori italiani del Windscheid (i quali però ammettono i diritti su la propria persona)—« quelle

(1) Regelsberger: Pandekten, § 94; I. B., p. 357; Leipzig, Duncker u. Humblot, 1893.

(2) Cfr. Fichte: Grundlage des Naturrechts; lena u. Leipzig, Gabler, 1796; pp.

55 e ss.

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