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und letzte Aufgabe anfasst. Das Recht ist nämlich schliesslich als Teil des gesamten gesellschaftlichen Lebens und noch darüber hinaus der Kultur zu begreifen und zu würdigen. Die Rechtsphilosophie ist ein Glied der Sozial- und der Kulturphilosophie: und daher ist auch das Recht als Erscheinung der Gesamtkultur zu betrachten. Der Sinn und die Bedeutung des Rechts im Kulturganzen ist zu enthüllen. Wie die Philosophie allgemein eine universale Betrachtung ist, so muss auch die Rechtsphilosophie universal angeschaut werden. Die Einstellung in das All das ist doch die echte Philosophenaufgabe. Das Recht ist auch zu den anderen Kulturmächten in Beziehung zu setzen, zur Moral, zur Kunst, zur Religion. Hier erweitern sich des Menschen Blicke, und er schaut wohl hinein in die Ewigkeit, wo die obersten absoluten Werte, die Wahrheit, die Sittlichkeit und die Schönheit thronen, die auf Erden zu verwirklichen das höchste, aber niemals vollendbare, sondern in steter Zukunft gelegene Endziel des Menschengeschlechts ist. Und dort findet endlich auch die Gerechtigkeit ihre Stätte, jene herrliche Idee, die das gesamte Rechtsleben beherrscht.

Der Gerechtigkeit nachzuspüren ist die höchste Aufgabe der Rechtsphilosophie; die Gerechtigkeit auf Erden zu verwirklichen, ist die vornehmste Aufgabe des Juristen. Die Gerechtigkeit ist das leuchtende, in ewiger Zukunft liegende Fernziel, dem unermüdlich alle Menschen nachzustreben haben.

WILHELM SAUER

Universität Königsberg

Fra relativisti ed antirelativisti

(Parole pronunciate per l'inaugurazione
della sezione della relatività)

Il solerte Comitato ordinatore di questo Congresso internazionale di Filosofia, al quale io sono vivamente grato per l'altissimo onore affidatomi di organizzare la sezione dedicata alla teoria della relatività, aveva invitato Alberto Einstein a tenere una conferenza sugli ultimi sviluppi della teoria. Tale conferenza avrebbe dovuto essere seguíta da una ampia e profonda discussione da parte di filosofi, matematici, fisici ed astronomi; discussione che, a giudicare dalle cospicue adesioni pervenuteci, non sarebbe riuscita meno importante di quella del marzo 1922 a Parigi.

L'illustre scienziato tedesco, che ama tanto l'Italia legata al ricordo dei suoi anni di giovinezza, aveva accolto volentieri il nostro invito; ed io sono certo che Einstein, nell'ambiente elevato, calmo e sereno in cui si svolgono queste solenni feste centenarie, avrebbe trovato tra seguaci convinti e tra cortesi e battaglieri oppositori, accoglienze oneste e liete; poichè, prescindendo da qualsiasi giudizio sulle teorie relativistiche, la parola di un uomo così eminente, di un fisico e di un matematico così profondo, così acuto e cortese nella disputa, è sempre ascol tata con profondo diletto dello spirito.

Ma, quasi alla vigilia del Congresso, Einstein ha fatto sapere che il riacutizzarsi di una antica e grave malattia non gli permetteva di affrontare i disagi di un lungo viaggio e che doveva rigorosamente at tenersi alle prescrizioni del medico, cioè al completo riposo della mente e del corpo. Egli quindi non poteva, con suo grande dolore, mantenere l'impegno con tanto entusiasmo assunto.

Manca quindi alla nostra riunione la parola di Einstein, il suo

spirito acuto, la sua prodigiosa intuizione fisica che avrebbero dovuto guidare, rischiarare le nostre discussioni; manca la parte più bella e sulla quale noi avevamo fatto così grande assegnamento.

Nell'esprimere l'augurio che il fondatore della teoria della relatività possa tornar presto al lavoro, alle scoperte, alla lotta, io sono certo di interpretare il sentimento di tutti.

Pur essendo stato dei primi in Italia a occuparmi delle teorie relativistiche fin dal 1905, in questa occasione io avrei preferito di restarmene completamente nell'ombra, avrei desiderato solamente udire ed apprendere dalla eletta schiera di maestri e di giovani qui convenuta.

Nessuno può qui sostituire Einstein; e quindi le poche parole che ad assolvere i miei doveri di ufficio e di ospitalità io sono costretto a dirvi, non sono altro che un brevissimo preambulo alle comunicazioni importanti ed originali che sono annunciate da illustri scienziati stranieri ed italiani, ai quali io dò il benvenuto, esprimendo loro altresì i caldi ringraziamenti per aver accettato il nostro invito.

Lasciatemi, prima di tutto, rievocare di volo le tappe percorse dalla teoria della relatività in questi ultimi anni; e ricordare, colle belle parole del Guillaume, che, come ogni opera umana, tale teoria è il frutto del lavoro paziente di una lunga serie di ricercatori; e che essa è lo sbocco di un grande movimento scientifico i cui principii possono farsi risalire ad Huyghens, e le cui pietre miliari sono segnate coi nomi di Fresnel, Faraday, Maxwell, Poincaré, Lorentz, Minkowoski ed Einstein; e che infine essa è nata da una evoluzione e non da una rivoluzione.

Stabilita, nel modo che tutti oramai sanno e non occorre ricordare, la teoria speciale o ristretta (in assenza cioè di ogni campo gravitazionale); superata la crisi cui essa andò soggetta (1909), pochi anni dopo; fondata la teoria generale o del campo gravitazionale; cessato il periodo del primo entusiasmo e dello sbalordimento prodotto dalla grandiosità delle nuove concezioni; si è presentato lo stesso fenomeno avvenuto per molte altre teorie fisiche a cominciare da quelle di Galileo e di Newton, per i fondamenti della geometria, per i metodi infinitesimali. È subentrato cioè un periodo di critica, più o meno seria, più o

meno appassionata; un periodo di revisione, di dubbi; un periodo di esame, di adattamento delle vecchie teorie; un fiorire di tentativi per giungere, senza incomodar troppo le nostre vecchie abitudini di pensiero, con altre vie credute più adatte e più ortodosse, alle stesse conclusioni della teoria della relatività.

Di questo movimento appunto io desidero intrattenervi brevemente. Prima di tutto, nessuno sarà restato sorpreso, io credo, se tale teoria che ha così profondamente scosse le nostre menti, ha prodotto gli stessi inconvenienti, le stesse vittime, dei tre famosi problemi geometrici dell'antichità classica e di altri ben noti. Tutti coloro che sono anche pochissimo iniziati nella storia delle matematiche, conoscono certamente lo sterminato numero di tentativi fatti, in ogni tempo, per risolvere, coi soli metodi della geometria elementare, i classici problemi della trisezione dell'angolo, della duplicazione del cubo (Montucla, alla fine del secolo decimottavo, ne ha anche scritto la storia), della quadratura del cerchio ai quali bisogna aggiungere, in tempi più recenti, quello del moto perpetuo e la dimostrazione del grande teorema di Fermat.

Salvo alcune rarissime eccezioni, tali tentativi, sempre errati naturalmente, sono dei veri rompicapo di tutti quelli che non hanno che rudimentali e insufficienti cognizioni di geometria e di analisi e che ignorano del tutto le ultime definitive rigorose conclusioni della scienza. In ogni tempo, in tutti i paesi del mondo vi sono stati e forse vi saranno ancora dei trisettori, dei quadratori ecc.; ma di questi oramai non si fa più caso, nè si prendono sul serio. Si lasciano liberamente trisecare, quadrare, poichè si sa bene che è pericolosissimo, e del resto assai inutile, mettersi a discutere con loro.

Lo stesso fenomeno, come dicevo, si è prodotto per la teoria della relatività e in misura veramente allarmante. Poichè se la geometria e l'analisi bastano per tenere un po' a bada i dilettanti, tutti al contrario credono di ben capire, di poter criticare e, sventuratamente scrivere anche libri voluminosi, allorchè si tratta dello spazio e della gravitazione. Anche qui si tratta, quasi sempre, di persone che non hanno nemmeno un'idea di ciò che si può criticare o si vuol perfezionare; matematici, fisici e filosofi da strapazzo, con cognizioni misere o addirittura false di fisica e di matematica; incapaci di poter leggere e capire nemmeno un rigo di ciò che ha scritto Einstein. Ve ne sono di tutti i tipi, di tutte le età, di tutte le nazioni: semplici ragionieri, egregi e fortunati

farmacisti, capitani di lungo corso allettati forse dal vasto mare delle nuove teorie; ingegneri che non hanno più nulla da costruire; militari che vogliono ancora combattere nel loro pacifico ritiro dall'esercito militante. Ciò che in certo modo può stupire è che questi impenitenti relativisti e terribili innovatori, innocenti vittime di Einstein, trovino sempre qualche editore di buona volontà per stampare le loro stramberie; le quali hanno però il merito, qualche volta, di procurare un quarto di ora di buon umore a chi ha il coraggio di leggerle e di perdere un pò di tempo.

Le critiche serie, fatte da seri uomini di studio o per lo meno da persone di buon senso e ragionevoli, colle quali si può sperare d'intendersi, sono di ben altra natura e dànno sempre luogo a discussioni utili e feconde, se pur non sempre hanno il risultato di conciliare tendenze opposte.

Tutti convengono almeno che dal lato matematico la teoria è grandiosa, bella e inattaccabile, anche forse perchè non sono molti coloro che posseggono le virtuosità dei nuovi metodi del calcolo differenziale assoluto per seguire e abbracciare tutti gli sviluppi ed il quadro della teoria. Gli attacchi a fondo riguardano le basi logiche e fisiche, le così dette prove sperimentali. Ed anche qui, e pur trattandosi di studiosi seri e degni della massima considerazione, il calore di qualche polemica ha condotto ad esagerazioni strane, curiose e veramente deplorevoli. Per qualcuno la teoria, che innegabilmente comprende in unica sintesi tutto quanto ha gloriosamente conquistato da Galileo in poi la meccanica e la fisica, manca addirittura di senso; le sue previsioni e conclusioni sperimentali, dato pure che siano completamente e rigorosamente accertate, non hanno alcun valore probativo. C'è chi va ancora più in là e non trova neppure che sia opportuno di occuparsene; perchè la teoria di Einstein non rientra nel quadro delle teorie fisiche; è un'ipotesi metafisica che per di più è incomprensibile (ciò che giustificherebbe il suo successo) e che non val la pena di discutere; e spingendo l'esagerazione, si potrebbe forse dire più esattamente l'incomprensione, al suo più estremo limite, afferma che tutto il suo successo e tutto il risultato di tanti fiumi d'inchiostro consumati si riduce, dopo diciasette anni, a tre risultati dubbi, insignificanti per rispetto all'insieme dei fenomeni conosciuti; tre risultati di cui si troveranno trentasei interpretazioni differenti se si vorrà aver la pena di cercarle. La grande maggioranza de

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